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Archive for gennaio 2011

Una cosa è certa: la Borsa vede come il fumo negli occhi le regole di Basilea 3 che impongono alle banche più capitale e meno spregiudicatezza. È bastato ieri un articolo del «Financial Times» in cui si diceva che l’Unione europea è pronta ad allentare alcuni vincoli imposti agli istituti di credito, che i titoli bancari hanno iniziato a volare in Borsa: le francesi SocGen e Bnp Paribas e l’inglese Lloyd sono arrivate a guadagnare oltre il 3%, come anche l’italiana UniCredit. Credit Agricole è arrivata addirittura al +5,17%.

La belga Dexia, soprattutto per il piano di dismissioni annunciato ieri, ha guadagnato fino all’8,62% e ha chiuso a +4,80%. Insomma: euforia generale. A poco sono valse le caute smentite da parte del commissario Ue Michel Barnier («attueremo i nuovi principi rispettando le regole»): il mercato ha continuato a crederci. In effetti diversi addetti ai lavori ascoltati dal «Sole 24 Ore» hanno confermato che all’ordine del giorno potrebbe effettivamente esserci l’ipotesi di allargare alcune maglie di Basilea 3, soprattutto per rispondere alle pressioni politiche e delle lobby bancarie.

Le regole proposte dal Comitato di Basilea – nate dopo la grande crisi – hanno lo scopo di rendere le banche più solide, più capitalizzate e più liquide di un tempo. Il problema, secondo alcuni, è che la regolamentazione proposta è forse un po’ eccessiva: chiede alle banche troppo capitale, riduce eccessivamente la loro redditività e – alla fine – frena l’erogazione di credito alle imprese. Anche ieri, in Italia, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha ribadito questo concetto: «Ci sono regole che in Europa ci bloccano: ci preoccupa Basilea 3». Analogo messaggio è arrivato dal direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, che chiede «una valutazione d’impatto omnicomprensiva su imprese e famiglie». E pressioni analoghe sono arrivate da tutta Europa.

È per questo che in Europa si studia un qualche alleggerimento dei vincoli. Il problema – sottolineano gli esperti – è che ogni tasto tecnico che viene toccato va a favorire alcune banche e alcuni paesi piuttosto che altri. Il «Financial Times», per esempio, ipotizza che si possano alleggerire i vincoli sul capitale degli istituti che controllano compagnie assicurative: una svolta del genere andrebbe ovviamente ad aiutare gli istituti – come i francesi Bnp, SocGen e Credit Agricole – che controllano assicurazioni. Non a caso ieri erano i più premiati in Borsa. L’altra ipotesi è di posticipare l’eliminazione dai bilanci bancari dei titoli cosiddetti “ibridi” (quelli a metà strada tra obbligazioni e azioni): questo, invece, andrebbe a favorire soprattutto le banche che ora maggiormente usano questi titoli. Meno, invece, quelle che si sono rimboccate le maniche per effettuare aumenti di capitale, come le italiane Intesa, Mps e Ubi. Un’altra ipotesi, ventilava un addetto ai lavori, è invece di rendere non vincolante l’indicatore sulla liquidità a lungo termine.

Quello che resta da capire è se sia giusto allentare le regole di Basilea 3 oppure no. Il mercato ha dimostrato ieri di apprezzarlo, ma probabilmente dimentica di cosa le banche sono state capaci tra il 2000 e il 2007. «Il dilemma è quello del rapporto tra rischi e rendimenti – osserva Gennaro Casale, partner di Boston Consulting Group –. Prima della crisi le banche avevano una redditività fino al 20-30%, ma inevitabilmente correvano grandi rischi che poi si sono materializzati. Se ora invece si stringono i vincoli, si riduce in modo strutturale la redditività ma la si rende anche più stabile e meno volatile. Insomma: così facendo si riducono i rischi». Evidentemente ai mercati non piacciono banche poco rischiose e meno redditizie. Per il 2011 il mercato stima ritorni sul cosiddetto «tangible equity» (Rote, simile al più noto Roe) ben più contenuti rispetto a un tempo: per esempio 9,2% in Gran Bretagna, 8,2% in Italia. In alcuni Paesi, però, si stimano redditività maggiori: 18,9% in Svizzera e 15,3% in Francia. Ma il mercato vuole di più. La politica preme. Le lobby anche. La debole crescita economica mette in secondo piano le esigenze di stabilità bancaria. E, alla fine, è possibile che qualche compromesso venga trovato.

Fonte: www.ilsole24ore.com

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